
La burocrazia nasce, teoricamente, con uno scopo nobile: garantire ordine, trasparenza, legalità. Ma nella sua degenerazione più frequente, diventa un muro, una barriera, un insieme di regole e procedure che allontanano il cittadino dallo Stato. E quando questo accade nel campo del welfare, il danno è doppio: non solo si perde fiducia nelle istituzioni, ma si nega l'accesso a diritti fondamentali.
Uno dei dati più impressionanti è che il 65% degli italiani non ha richiesto agevolazioni nel corso dell'ultimo anno. E il 55% di chi non l'ha fatto, dichiara che la causa è la mancanza di informazioni. Non perché le misure non esistano, ma perché sono difficili da trovare, da capire, da attivare. Una giungla normativa che premia i più esperti e penalizza chi ha più bisogno di supporto.
La burocrazia, così come è strutturata oggi, riproduce le disuguaglianze. Invece di essere uno strumento di giustizia, diventa un moltiplicatore di iniquità. Chi ha meno competenze digitali, meno tempo, meno risorse, meno istruzione è inevitabilmente svantaggiato. In questo senso, la semplificazione non è un lusso, ma un imperativo democratico.
La digitalizzazione può aiutare, ma non basta informatizzare ciò che è già complicato. Serve un cambiamento radicale nel modo di pensare e progettare le politiche pubbliche.
Se vogliamo davvero una società equa, dobbiamo costruire un'amministrazione che metta al centro la persona, che parli un linguaggio accessibile, che accompagni e non ostacoli. Solo così la burocrazia tornerà a essere ciò che dovrebbe: un'infrastruttura al servizio della giustizia sociale, non una zavorra che la impedisce.